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Immagine del redattoreLuca Cozzolino

Il datore non può imporre le ferie in modo unilaterale


l datore di lavoro non può imporre le ferie al dipendente. Il potere di determinare il periodo di fruizione spetta alla società, che deve comunque tener conto delle esigenze del lavoratore, il quale deve poter programmare le ferie, altrimenti gli verrebbe precluso l’effettivo ristoro.

È quanto risulta dall’ordinanza 19 agosto 2022, n. 24977 (testo in calce) della Corte di Cassazione, Sezione Lavoro.


Il Caso


I dipendenti avevano convenuto in giudizio il datore di lavoro, in quanto aveva imposto le ferie ai lavoratori, in modo unilaterale e senza previa comunicazione diretta.

La Corte territoriale aveva confermato la sentenza del Giudice di prime cure, che aveva disposto la condanna alla società al ripristino, in favore di ciascun lavoratore, del monte ore illegittimamente decurtato. Nello specifico, il Giudice di secondo grado aveva ritenuto che le modalità di collocazione in ferie e la relativa comunicazione devono permettere al lavoratore di organizzarsi per goderne nel periodo di riposo determinato unilateralmente dal datore di lavoro.

Inoltre, la Corte territoriale aveva accertato che non era stata allegata né provata la preventiva comunicazione diretta ai singoli lavoratori della necessità di esaurire le ferie residue.

La sentenza d’appello aveva confermato che i lavoratori ricorrenti avevano diritto al risarcimento del danno, atteso che le modalità di concessione delle ferie in concreto adottate unilateralmente dal datore di lavoro avevano precluso ai lavoratori la possibilità di programmare le ferie, determinando l'impossibilità di un effettivo ristoro delle energie psicofisiche.

Avverso tale pronuncia la Società ha proposto ricorso per cassazione.

La Suprema Corte ha osservato che l'esatta determinazione del periodo feriale, spetta unicamente all'imprenditore essendo una manifestazione del potere organizzativo e direttivo dell'impresa, mentre il lavoratore ha la facoltà di indicare il periodo entro il quale intende fruire del riposo annuale, anche in presenza di un accordo sindacale o di una prassi aziendale che stabilisca i tempi e le modalità di godimento delle ferie tra il personale di una determinata azienda.

Qualora il lavoratore non goda delle ferie nel periodo stabilito dal turno aziendale e non chieda di goderne in un diverso periodo dell'anno, il datore di lavoro è tenuto a corrispondergli la relativa indennità sostitutiva delle ferie non godute.

Ciò consente il soddisfacimento delle posizioni soggettive contrapposte: quella del datore di lavoro di organizzare le ferie privilegiando le sue necessità e quella dei lavoratori di essere in grado di conseguire il ristoro delle energie psicofisiche.

Nella vicenda in oggetto, la società ha inviato alla Rappresentanza Sindacale unitaria e non ai singoli lavoratori, una comunicazione con l’indicazione della necessità di fruire delle ferie maturate prima di fruire della cassa integrazione straordinaria.

Ad avviso della Cassazione si tratta di una modalità di comunicazione insufficiente, che non può sostituire la necessaria comunicazione diretta personalmente al lavoratore, ponendosi anche in contrasto con l'oggettivo conseguimento della finalità cui le ferie sono intrinsecamente preordinate, ovvero il riposo annuale del lavoratore.

La ricorrente ha sostenuto, tra i motivi proposti, l’assenza di una valutazione, da parte della Corte territoriale, In merito a tale comunicazione, la ricorrente, ha sostenuto che sarebbe stata applicata la prassi aziendale, ma che la Corte territoriale non avrebbe tenuto in considerazione tale motivo; la Suprema Corte ha precisato che, per essere sussistente tale prassi è necessario che sia allegato e provato che il comportamento aveva carattere generale in quanto applicato nei confronti di tutti i dipendenti dell'azienda e deve essere protratto nel tempo.

Nel caso in esame, la Corte territoriale non si è sottratta a tale valutazione, ritenendo le allegazioni depositate dalla ricorrente non specifiche, bensì generiche e non sufficienti a dimostrare una reiterazione della condotta nel tempo tale da poter essere sussunta una prassi che deroghi agli obblighi di specifica interlocuzione con i singoli dipendenti per la definizione delle modalità di godimento delle ferie.

Alla luce di tali argomentazioni, la Cassazione ha rigettato il ricorso e condannato la società ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità.

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